Il Museo

Orari di apertura e contatti

  • dal martedì alla domenica ore 09.00 – 13.00 e 16.00 – 20.00
  •  Tel. 3312358282
  •  Mail: cultura@comune.valmontone.rm.it

Il Museo di Palazzo Doria Pamphilj si divide nella sezione artistica con il ciclio di affreschi del piano nobile e una sezione archeologia, fa parte del Museum Grand Tour, il sistema museale dei Castelli Romani e Monti Prenestini, di OMR l’Organizzazione Museale Regionale e della rete delle Ville e Dimore Storiche della Regione Lazio.

Ingresso LIBERO
I visitatori hanno la possibilità di essere accompagnati dagli operatori nel percorso museale, è consigliata la prenotazione nei weekend.

IL PIANO NOBILE
Il ciclo di affreschi conservato al piano nobile del palazzo, fu eseguito tra il 1658 ed il 1661 e rappresenta uno degli esempi più significativi della pittura romana della metà del Seicento.
Il ciclo si articola attraverso gli ambienti del primo piano ed interessa essenzialmente le volte, ad esclusione del Salone del Principe in cui l’intera superficie parietale è dipinta a trompe l’oeil. L’iconografia è incentrata sulle allegorie dei quattro Elementi e dei quattro Continenti, programma che, per la elaborata ricchezza di riferimenti, fa supporre l’inlfuenza e l’intervento diretto di un colto committente. Gli stessi temi li ritroviamo diffusamente rappresentati in tutto il Seicento nelle residenze urbane e soprattutto nelle dimore di campagna e possono essere interpretati come una emanazione dell’idea di ‘natura’ allora corrente.

All’esecuzione degli affreschi di Valmontone Camillo chiamò artisti di spicco del panorama romano quali Pier Francesco Mola, Gaspard Dughet, Guglielmo Cortese, Francesco Cozza e Mattia Preti.
Pier Francesco Mola, che aveva già decorato per i Pamphilj il palazzo di Nettuno tra il 1651 ed il 1652, fece pervenire al principe Camillo una “convenzione” in cui si offriva come direttore del cantiere di Valmontone ed in cui proponeva il programma iconografico da rappresentare. Per due delle volte minori e due delle maggiori suggerì come collaboratori Angelo Canini, che gli venne respinto, e Francesco Cozza, mentre si faceva egli stesso carico della restante decorazione per un compenso di mille e trecento scudi. Camillo non sottoscrisse mai la “convenzione” e sulla parola affidò al Mola le pitture della «Sala Maggiore», della volta dell’Aria e di due camerini. Riguardo all’equipe di collaboratori, il principe accettò Cozza e coinvolse inoltre Guglielmo Cortese detto il Borgognone, Giambattista Tassi, Gaspard Dughet ed infine Mattia Preti.
Nel 1655 si diede avvio al cantiere pittorico, ma l’arrivo della peste costrinse gli artisti ad un rientro tempestivo a Roma. Pertanto l’inizio ufficiale dei lavori va posticipato al 1657 con la cessazione dell’epidemia. Alla fine del 1658 il Mola sembra aver concluso le volte dell’America, dell’Africa, quella – ormai perduta – del salone con la raffigurazione dell’Aurora e quattro dei cinque scomparti con cui aveva suddiviso l’originaria volta dell’Aria. Apparentemente insoddisfatto per i compensi percepiti, nel dicembre del 1658 il pittore decise di abbandonare il cantiere di Valmontone lasciando incompiuta la volta dell’Aria. Dopo il vano tentativo di risolvere la controversia tramite la mediazione di monsignor Nini, Maestro di camera di Alessandro VII, il Mola citò in giudizio il principe. A quel punto Camillo, irritato dalla condotta dell’artista, fra il febbraio e il marzo del 1659, incaricò Cozza di distruggere l’affresco dell’Aria e nel 1661 chiamò Mattia Preti per la nuova decorazione della volta. La vicenda con il Mola proseguì con un lungo e gravoso processo che si concluse soltanto nel 1664 a favore, inevitabilmente, del principe.

Dopo l’increscioso episodio della distruzione dell’Aria che avrebbe dovuto rappresentare forse una delle massime espressioni dell’artista vista la complessità del tema iconografico e l’articolazione delle figure in uno spazio armonicamente concepito, le uniche opere superstiti che testimoniano il soggiorno del Mola a Valmontone sono le volte dei camerini dell’America e dell’Africa.
Il Piano Nobile è costituito dalle Stanze dei quattro elementi: Fuoco, Aria, Acqua, Terra;
dai Camerini dei quattro continenti: Asia, Africa, America, Europa; dalla Sala del Principe; dalla Cappella del Padre Eterno e dalla Stanza di Sant’Agnese.

 

SEZIONE ARCHEOLOGICA

Il Museo di Palazzo Doria Pamphilj è stato inaugurato nel 2003 grazie ad un accordo stipulato con il Comune di Valmontone, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e la società Treno Alta Velocità.
I lavori per la costruzione di nuove infrastrutture ferroviarie avevano infatti messo in luce una serie di siti archeologici di notevole importanza. I reperti in essi rinvenuti e i dati raccolti sul campo, risalenti ad un arco cronologico

compreso tra l’età arcaica e quella tardo-imperiale, costituiscono il primo nucleo del MAV.
Il piano terra del museo (ingresso, libreria, tre sale espositive e una sala conferenze) trova posto una sezione introduttiva al territorio e alla viabilità antica e contemporanea ospita una sezione introduttiva al territorio e spazi adeguati ad accogliere oggetti di vecchia e nuova acquisizione, mostre temporanee, eventi culturali ed iniziative civiche.
Il primo livello è dedicato all’illustrazione del territorio con importante suddivisione ed accenni alla Valle Latina e Valle di S. Ilario.
Il secondo livello (quattro sale espositive) è invece dedicato alla presentazione analitica dei siti archeologici rinvenuti e all’illustrazione di temi generali ad essi connessi: il villaggio di carbonai di Colle Carbone, l’insediamento produttivo e la necropoli di Colle dei Lepri la mansio, le terme e la fornace di Colle Pelliccione.
Nella Quarta sala detta “archeologia ad alta velocità” troviamo un plastico illustrativo del territorio attraversato dalla linea e comprendente i comuni di Valmontone, Artena, Labico e Colleferro.
La prima sala del piano superiore è dedicata a Colle Carbone, colle valmontonese denominato dal villaggio dei carbonai documentato dai ritrovamenti risalente attorno ai secoli IV e II a.C.
La sala successiva dedicata al sito di Colle dei Lepri dove sono state studiate numerose stratificazioni murarie che hanno rivelato una continuità d’uso che va dal IV secolo a.C. al IV d.C. Tra i corredi funerari rinvenuti nelle sei sepolture, significativo è il così detto “pettorale della fanciulla di Valmontone”, ornamento in cuoio traforato decorato con lamine di rame dorato e lamine d’oro. La terza sala illustra il sito di Colle Pelliccione, punto in cui, secondo le cartografie antiche, si incontravano la via Latina e la via Labicana; archeologicamente si delineano due principali fasi costruttive che lo descrivono come luogo di sosta e ristoro dotato di terme.
L’ultima sala è completamente dedicata alla manifattura di laterizi prodotti dalla fornace rinvenuta nel 1996 a Colle Pelliccione e collocabile tra il I secolo a.C. e il II d.C.