Giusto de’ Conti

IUSTUS DE VALMONTONE

Giusto de’ Conti da Valmontone, vissuto nella prima metà del XV secolo, fu poeta di fama nazionale. Il canzoniere da lui composto, La bella mano, è uno dei primi ispirati al modello petrarchesco e segnò la storia della lirica italiana nascente. Gli studi più recenti hanno debitamente riconosciuto a Giusto il ruolo di «Pietro Bembo del Quattrocento», per aver inaugurato e promosso un filone di poesia petrarchista che ebbe larga diffusione nelle corti italiane dell’epoca. La sua opera impose Petrarca come «primo e imprescindibile ingrediente della lirica amorosa» (Marco Santagata).

La patria e la famiglia Conti Nato a Valmontone nei primi anni del 1400 (1403-1404 c.a.), Giusto apparteneva alla famiglia nobile dei Conti: la casata romana che aveva possedimenti fondiari a Valmontone e dintorni. Antonio Conti, fratello di Ildebrandino Conti (importante signore feudale locale fino al 1435, anno della sua morte), è stato identificato verosimilmente come il padre del poeta. Il dato genealogico rimane tuttavia oscuro: sono pochi i documenti che esplicitano l’appartenenza di Giusto alla famiglia Conti (di cui uno solo recante il nome di Antonio), e in nessun caso si tratta di documenti autografi. Al contrario, è il poeta stesso a rivelare la sua origine valmontonese nella firma apposta ai decreti emanati in qualità di funzionario pontificio, nella forma latineggiante di Iustus de Valmontone.

Gli studi universitari e l’amore ♦ Dopo varie peregrinazioni nelle città dell’Italia centrale – dal Lazio alla Toscana, al Veneto e all’Emilia Romagna, probabilmente al seguito dello zio cardinale Lucido Conti – intorno al 1433 Giusto frequenta la facoltà di Giurisprudenza a Padova. Dagli atti accademici ufficiali risulta che attese in quegli anni ai corsi di diritto nell’ateneo veneto e conseguì la laurea in legge nel 1438. Se Padova fu la sede ufficiale dei suoi studi, Bologna è la città in cui dimorò abitualmente. Nella città emiliana ebbe inizio la sua passione amorosa per Isabetta Bentivogli, la nobildonna bolognese protagonista del canzoniere. Sempre a Bologna, dopo la laurea in legge, Giusto prese servizio come cubiculario del papa Eugenio IV. Il nuovo ufficio di cameriere privato del pontefice lo condusse lontano dalla città e dalla donna amata: nel gennaio del 1438 Giusto lascia Bologna per trasferirsi a Ferrara.

Da funzionario papale a consigliere di Sigismondo Pandolfo Malatesta ♦ La lontananza da Bologna e la notizia del matrimonio di Isabetta con un pretendente rivale, intorno al 1440, causarono la fine della passione amorosa di Giusto. Il poeta nel 1440 si trova a Firenze, al seguito di Eugenio IV: qui ebbe luogo la prima pubblicazione del canzoniere La bella mano, frutto dell’esperienza amorosa da poco conclusasi. A partire dal 1446, riveste, accanto alla funzione di cubiculario, quella più prestigiosa di tesoriere provinciale della marca anconetana. Stabilitosi in area marchigiana, poco dopo la morte di Eugenio IV (27 febbraio 1447) fu destituito dall’incarico. Tuttavia, da almeno un anno era divenuto uomo di fiducia di Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini. Sfortunatamente, Giusto non godette a lungo della nuova onorevole posizione: due anni dopo il suo arrivo nella corte riminese, nel 1449, passò a miglior vita. Grandi onori gli riservò alla morte il signore di Rimini, che depose le sue spoglie nell’arca esterna del suo monumento funebre, il Tempio malatestiano, accanto al letterato Basinio da Parma. L’epigrafe incisa sull’arca funeraria lo ricorda con queste parole:

«Iustus orator romanus iurisque consultus domino sigismondo pandolpho malatesta pandulphi filio rege hoc saxo situs est»

«Giusto, oratore romano e giurista, fu posto in questo sepolcro dal re Sigismondo Pandolfo Malatesta, figlio di Pandolfo»